Giampiero Torlone

Il Premio Hombres è lo scrigno di tutti coloro che credono nella piccola e buona parola

di Giampero Torlone

E’ con orgoglio che rifletto su quanto tempo sia passato dalla prima edizione del premio Hombres! Ma non per una nostalgia propria di chi si avvicina all’età “della riflessione”, ma per la gioia di vedere non solo sopravvivere, bensì crescere una manifestazione sulla scrittura. Con stupore in questi anni ho visto giovani ed adulti partecipare con un entusiasmo adolescenziale, inviare i loro lavori senza particolari speranze, ma solo con la voglia di esserci. Quanti scrittori affezionati ora abbiamo, che hanno sentito in questi anni l’importanza di comunicare emozioni, sentimenti e stati d’animo: a volte, lo ammetto, mi sono sentito come un padre confessore a cui involontariamente i nostri anonimi amici hanno voluto confessare un segreto o una angoscia.

Ciò che però mi sono chiesto fin dal primo minuto era il senso di un premio letterario oggi: mi sentivo nella testa la solita domanda che i miei studenti mi ripetono in modo ossessivo:” a cosa serve la poesia”? “ perché studiare la letteratura”? questo quesito acquista ancora più valore se pensiamo che anche la semplice comunicazione quotidiana è ormai affidata ad una scrittura semplificata e crittografata! Insomma non si ha tempo, non si può perdere tempo e occorre dire o scrivere in fretta, abbreviando, alludendo…! Una comunicazione che non comunica!

Certo i nostri ragazzi non si rendono conto e scrivono centinaia di sms per dire poco o nulla: “dove sei”, “che Fai”, “che pensi”…

Ed allora questi ragazzi che partecipano al premio chi sono? Dei marziani? Perché sono così diversi?

Qual è il senso oggi di una poesia o di un racconto?

In questi anni ho molto girato intorno a questi pensieri, scoraggiato dalle parole ricorrenti di uno strudente che mi ripeteva sempre:”lei professore tende all’iperbole”. Ebbene sì!! Finalmente siamo in molti a tendere all’iperbole, a bearci di un parlare nuovo e a volte forbito, pieno di immagini, di colori, un parlare che non va mai dritto al punto, ma ricerca la bella espressione, la sorpresa di una bella parola, quella parola che D’Annunzio reputava divina e che molti l’hanno cambiata in diabolica! I concorrenti (per usare una categoria in voga) sono i nuovi cultori di una parola demiurgica con la quale creare nuovi mondi o riflettere su quello presente, sono i creatori di realtà interne che ci permettono di sopravvivere. Ecco, cari ragazzi, a cosa serve la poesia e la letteratura: a sopravvivere, a vivere di emozioni vere e genuine senza dover dimostrare niente a nessuno. Vedevo con curiosità questi scrittori mettersi alla prova e affrontare la nostra valutazione con serenità. E guardate che non è facile mettersi così in discussione ed affidare le proprie esperienze al giudizio di estranei; ma l’hanno fatto e nel migliore dei modi perché hanno trovato il senso a questa partecipazione, ossia vivere di nulla, emozionarsi con poco, giocare con la parola, un gioco impalpabile ed etereo. Ed allora il premio Hombres ha il compito di andare avanti, di essere lo scrigno di tutti coloro che credono nella piccola e buona parola affidata all’intimo di una pagina.