Piccole storie di terra di Paolo Pergolari
Un giorno, i fili si sentirono stanchi di legare le cose del mondo. Perciò si riunirono e decisero una sacrosanta ribellione. All’incontro c’erano un poò tutti, anche i fili più potenti e più nobili. Un filo d’oro brillava più del filamento della lampadina accesa; evidentemente s’era messo in ghingheri, era passato dall’orefice per una lustratina. Accanto aveva un filo di ferro, più rozzo e sporco ma, si sa, un gran lavoratore. E poi non c’erano solo i soliti fili, cioè il filo di lana, di cotone, di seta, ma anche quelli che del filo hanno solo la forma come il filo del telefono, della luce, il filo dei fagiolini. Per non parlare, infine, di quelli che sono addirittura impalpabili, il filo del discorso, il filo del pensiero, il filo di voce.
Il filo della lama tagliò corto ed assunse la presidenza dell’assemblea dichiarando aperta quella storica seduta, e con la sua roboante voce metallica chiese chi volesse iscriversi a parlare. Il chiasso fu tale che non si capiva più niente, tutti volevano dire la loro, e il filo del microfono era costretto a correre come un matto da una parte all’altra della sala.
A quel punto cominciò a farsi sentire il filetto di una nota musicale, cantò a squarciagola che lui aveva fatto uno sforzo eccezionale per staccarsi dallo spartito e adesso non voleva ritornarsene sul leggio senza aver concluso niente. Però anche le sue parole si persero nel rumore generale e aivoglia il filo a piombo a implorare silenzio! Preciso ed eretto, come si conviene, chiedeva quella cortesia ma il massimo che riuscì ad ottenere fu un sommesso brusio. Sicché un filo di polvere colse l’occasione per strillare che, lui, mai e poi mai avrebbe permesso di essere tolto dai mobili, dalle cantine, dai pavimenti, e s’impermalì così tanto che ne venne fuori un gran polverone e un filo di seta bianco, che era da quelle parti, si ritrovò grigio e disperato per il suo vestitino che aveva cambiato di colore.
E proprio in quel baccano indiavolato si sentì sbattere la porta ed entrò nella sala un gruppetto di scalmanati, dei brutti ceffi con catene e patacche di metallo attaccate addosso e degli scarponi pesantissimi, e si dimenavano e urlavano come matti protestando che loro non erano stati invitati … “Perché, perché?”, chiedevano. Ma anche se nessuno osava rispondere, loro lo sapevano il perché.
Erano i fili di rayon, di nylon e quelli di acrilico che gridavano …
“Perché noi siamo importanti, perché noi siamo il futuro, e voi non siete altro che vecchi, ciarpame da soffitta … ”
E un filo di voce chiese … “Ordine Presidente, ordine!”
“Quale ordine?” replicò spruzzando saliva un rayon. “Quale ordine? Siete qui da stamattina ed ancora non avete concluso niente … ”
I fili si guardarono l’un l’altro. Effettivamente di chiacchiere ne erano state fatte molte ma quanto a risultati … E il rayon disse … “Questa è la prova della vostra inconcludenza, ma questo è anche il momento della vostra resurrezione … perché è ora di dire BASTA! .. perché quei signori là fuori devono abbassare la testolina un tantino presuntuosa … e con la testolina pure le brache … e allora andate per il mondo e distruggete, distruggete perché tutti sappiano che noi siamo i più forti … E adesso andate, andate e DISTRUGGETE!, perché noi siamo necessari e indispensabili!”
E così esaltati dalle parole di quella rivoluzionaria dottrina, i più alzarono al cielo un grido di trionfo, mentre altri fili non osarono protestare, impauriti si strinsero in blocco e formarono un grosso gomitolo ingarbugliato. E così la seduta fu chiusa con l’impegno di ritrovarsi lì, nello stesso posto, tra un anno esatto.
Intanto, nei mesi successivi, il mondo fu letteralmente sconvolto.
Per la strada le persone imprecavano e se la prendevano con le scarpe che si slacciavano ogni momento, e appoggiavano i piedi sui muri o sui gradini oppure saltellavano per allacciarsi continuamente le scarpe. Poi toccò alle auto perdere il lume della ragione, o meglio, il lume lo persero i semafori della città, perché i fili della corrente elettrica decisero di andarsene tutti al bar a giocare a flipper. Sicché le auto si ritrovarono tutte ammassate agli incroci e strombazzavano a più non posso. Cioè, fino a quando ebbero un filo di voce, perché anche questi fili si stufarono e si riunirono agli angoli delle strade a morire dalle risate vedendo gli uomini che se le davano di santa ragione per via della precedenza a sinistra o per quella di destra.
I fili che erano in fase di lavorazione, invece, si rifiutarono di intrecciarsi e di formare qualsiasi trama e disegno. Si ingarbugliarono nelle macchine e bloccarono la lavorazione. Altri sfuggivano dalle matite degli scolari o dai pennelli dei pittori, e i nodi si sciolsero come d’incanto e se da una parte furono risolte questioni annose, dall’altra si assistette a scene ridicole e vergognose. Pensate!, le persone erano diventate come dei bambini, giocavano a nascondino, correvano dietro il palo dei lampioni o dietro i cassonetti della spazzatura, si allungavano per terra coperti dalla siepe e poi strisciavano, oppure camminavano accanto alle auto in corsa, e tutto ciò per una giusta causa. Perché le cuciture dei vestiti non tenevano più e le persone andavano da un posto all’altro completamente nude.
Fu vista una vecchietta con l’ ombrellino in mano correre dietro ad un aitante giovanotto, perché voleva drizzargli un po’ la schiena per via di quell’impudicizia, e la vecchietta corse tanto fino a quando non si accorse di essere nelle stesse condizioni di quel giovanotto scostumato, allora si fermò sconcertata e si chiese come mai aveva avuto tutto quel coraggio, perché nemmeno davanti a suo marito buonanima era stata capace di tanto, ma non riuscì a rispondersi perché aveva perso il filo dei ricordi e la memoria non le era più d’aiuto.
Sicché il mondo stava passando quel brutto quarto d’ora. Ma bene o male, anzi, più male che bene, trascorse un anno e i fili si ritrovarono di nuovo tutti insieme. Erano chiassosi e felici … “Ce l’abbiamo fatta”, dicevano allegri e pimpanti, e ognuno raccontava la parte avuta in quel marasma in cui avevano gettato l’umanità “lo ho lasciato nel buio la città“, raccontava il filo elettrico .
“lo non ho fatto comunicare tra loro gli uomini”, diceva il filo del telefono …
“Allora io ho rovinato tutte le loro serate perché, se permettete, sono il filo dell’antenna TV … ”
Così riferiva orgoglioso ognuno e venne concluso che gli uomini non potevano fare a meno dei fili, e almeno per una volta si trovarono d’accordo. Quindi, tutto sembrava procedere nel migliore dei modi, senonché l’euforia generale fu interrotta dalla banale riflessione di un filo di voce al quale era venuto un dubbio. Un dubbio che non aveva fatto a meno di tenere per sé, e chiese … “Ma da tutto questo caos che cosa ci guadagniamo?”
Silenzio generale. Il filo di voce aveva parlato così ingenuamente da dare l’impressione di non aver capito cosa stesse a fare lì in mezzo e aggiunse … “Lo vorrei sapere … Qualcuno me lo spieghi per favore cosa ci guadagniamo … Insomma, a chi torna utile tutto questo caos?”
“Possiamo fare a meno degli uomini, ti sembra poco?”, gli rispose un filo di fumo alto come un pioppo e ricevette la calorosa approvazione dell’assemblea. Ma subito dopo un filo di ragione chiese a se stesso e quindi a tutti … “E’ proprio vero che possiamo fare a meno degli uomini? Siamo sicuri?”
E quel filo invisibile fu bersagliato da un coro di sonori fischi, qualcuno avrebbe voluto allontanarlo dalla stanza ma il filo della ragione stava dappertutto, una volta di qua e una di là, non si riusciva mai a vederlo per bene. Però anche altri fili s’erano chiesti quali vantaggi avevano tratto da quel loro comportamento ribelle. Allora una specie di disagio si propagò per la stanza, perché adesso i fili guardavano quella loro vittoria, era lì, davanti ai loro occhi: un mondo ridotto ad uno stato pietoso, grigio e carico d’odio, di rancore. Una città deserta e senza gioia, un sole che tramontava senza nessuna felicità, nessun calore … Allora i fili pensarono di essere vittime di loro stessi e tacquero. Il brusio lasciò il posto allo sgomento e al silenzio.
E in quel silenzio, diventato ormai insopportabile, si fece largo un filo di luce … “Abbiamo sbagliato … i fili servono ad unire”, dichiarò con voce grave e malinconica.
Sì, l’aria era pesante da far pena, e il filo del pensiero chiese …
“Ma adesso cosa possiamo fare? .. ”
Nessuno sapeva rispondere. “Ma è semplice!”, esclamò ad un tratto un filo che fino ad allora se ne era stato in disparte. “Dobbiamo ricominciare daccapo, ma attenzione!, noi siamo utili agli uomini e loro lo sono a noi, perciò mi sembra molto semplice quello che dobbiamo fare … Dobbiamo essere uniti nonostante le nostre diversità”
Quel filo disse soltanto poche parole ma tutti furono d’accordo e annuirono. Così, da quel giorno, il mondo cambiò di nuovo e senz’altro in meglio.
Intanto quel filo era uscito dalla stanza e qualcuno aveva chiesto chi fosse, e a qualcun altro venne in mente: era il filo della speranza ….