Segregate
Nessuno mai mi aveva detto
cosa accadeva nel giardino di fronte
oltre le siepi di mirto.
S’intravedeva appena quella casa
con l’intonaco colato sulle finestre,
di notte si udiva un brusio sommesso
di dialoghi nascosti
e poi lamenti a lacerare l’aria.
Erano le loro voci, bambine segregate
ad affrontare il male,
costrette a un piacere non voluto
di mani aguzzine su corpi stremati.
Era di giorno che si aprirono le porte
e occhi impauriti su volti rigati di sale
si schiusero alla luce dopo tante lune.
Raccontarono di orrori e sangue in quella casa,
dei giorni vissuti coi desideri appesi a finestre serrate
nello scorrere lento delle ore.
Raccontarono dei segni di violenza sulle carni,
degli anni su letti sfatti a inventare nuovi giochi
e a sognare ali per volare.
Anni tra scampoli rubati alla memoria
a immaginare le stagioni,
il colore dei fiori in primavera
e il profumo del mare.
Mani unite assorte in preghiera,
futile cantilena coi gemiti strozzati
a ingannare il presente senza più domani.
Raccontarono della casa degli orrori
nel giardino di fronte, oltre la siepe di mirto.
E ancora nelle mie notti odo quei lamenti,
come latrati che squarciano l’aria
esalando dolore.
Anna Maria Deodato
MOTIVAZIONE
Sovente ci si trova di fronte alla poesia che descrive la vita gioiosa oppure il dramma della esistenza, qui, invece, la poesia descrive “il buio oltre la siepe”dove sta l’orrore, la tenebra fitta della mostruosità che ricade sulla terra. Un immane Saturno, come nel quadro di Goya, sembra divorare, sanguinario, i suoi figli inermi. I versi narrano della esistenza negata, della giovinezza segregata ed oscenamente strappata ai giochi, ai sogni, alla gaia contemplazione della vita mentre si cresce in esperienze ed in conoscenza. Ma la mostruosità in terra, come si diceva, oscenamente divora tutto, annienta le anime da costruire, le identità da far crescere e strappa la sensibilità riducendo tutto ad un panno stracciato e macchiato di sangue innocente che fissa la nera consapevolezza delle vite strappate come fiori che non finiscono neppure in un vaso ma che, appena odorati, si annientano nel fuoco delle giovani esistenze violate. Lo sguardo dell’Autore è agghiacciato e lo stesso urla il suo orrore e le grida si mescolano a quelle del dolore di chi vede la sua esistenza lacerata e distrutta: la poesia può cristallizzare il dolore per tramandarne la conoscenza affinché tutti possano chinarsi e restare in silenziosa attesa che l’onta sia lavata.