A FONTAMARA
(a Berardo, a Elvira, agli ultimi…)
E scorre come onda lenta di marea la vita a Fontamara,
il suo respiro di neve soffocato
nel cerchio immobile delle montagne
dove sprofonda il silenzio di giorni sempre uguali.
In ripetuti e lenti soffi
si scandisce il tempo nella terra di nessuno
deposta come un’urna sotto una cupola sbiadita di cielo.
Le case buie e tristi s’appoggiano una ad una
a cercare un angolo d’azzurro
e sull’uscio sostano ancora le donne
mentre scorrono fra le dita grani di un rosario senza amen.
Si suda sangue a Fontamara per strappare qualche frutto
dal grembo sterile di una terra ostile
in una via crucis di dolore e morte che non conosce resurrezione.
Solo miseria e lacrime abitano lassù
dove si nasconde la vita ogni notte
dietro l’ombra pallida di una falce di luna.
Sono lunghe le sere d’inverno a Fontamara,
si sta raccolti in silenziosa veglia attorno al fuoco
mentre scorre monotono il filo nel telaio
a intrecciare ancora i giorni allo stesso destino.
E una voce, come eco che rimbalza da remota valle,
ancora narra un’antica storia…
Di Berardo forte e possente come una quercia
con le radici conficcate nella nuda terra,
un pane di pietra e lacrime amare nella bisaccia
e le mani ruvide di fatica dove s’impigliano i sogni
mentre gelida una pioggia di stelle devasta aride zolle.
Di Elvira bella e dolce, il passo leggero sulla soglia del mondo,
un’anima di cielo in un viaggio sacrale
per riannodare le opposte sponde.
E adesso che s’abbassa la sera a Fontamara
anche la morte riposa in un grembo d’azzurro
e li puoi scorgere ancora dietro ombre di silenzio
mentre con cuori di vento rubano il fiato alle stelle.
Rita Muscardin